EGITTO, LA LUNGA BATTAGLIA CONTRO LE MOLESTIE SESSUALI


Un graffito al Cairo dello street artist Amr Nazeer.
Su Twitter e Facebook le donne usano hashtag come #Idon’tFeelSafeOnTheStreet, #AntiHarassment ed #ExposeHarasser per ribellarsi ai troppi casi di abusi impuniti e all'indifferenza della polizia.

In Egitto, l’indignazione contro le molestie sessuali corre sul web. Di fronte all’inerzia della polizia nel proteggere le vittime e al chiudere un occhio di una società che ancora fatica a condannare ogni forma di abuso di genere, sono tante le egiziane che scelgono il terreno dei social network per denunciare e incoraggiare altre donne a uscire dal silenzio, senza vergogna. Su Twitter e Facebook usano hashtag come #Idon’tFeelSafeOnTheStreet (“Non mi sento sicura per strada”), #AntiHarassment (“Anti-Molestia”) ed #ExposeHarasser (“Rivela il molestatore”).
Il giornale Al-Monitor, riportando questa nuova campagna di sdegno, cita l’esempio della ventenne Nancy Atieh: in un post su Facebook, la giovane racconta di un cinquantenne che, con scientifica regolarità, prende un autobus dal centro del Cairo e per tutto il viaggio non fa che palpeggiare le passeggere. Nancy ha pubblicato una foto dell’uomo, mettendo in guardia le donne che frequentano quella linea e precisando: “Fotografare i molestatori e falli uscire allo scoperto è il modo migliore per affrontarli”.

Mentre il giornalista Haitham Tabi, lanciando su Twitter l’hashtag #Idon’tFeelSafeOnTheStreet, ha mosso un appello alle vittime: “La gente deve sapere che le vostre preoccupazioni, quando camminate per strada, sono reali e non esagerate. Dobbiamo sfidare chi nega quanto sia diffusa la molestia sessuale nel nostro Paese”.

Secondo una ricerca del gruppo di attivisti Harassmap, il 95,3 per cento delle abitanti del Cairo ha subìto una forma di violenza, che fosse fisica, sessuale, verbale o psicologica, spesso in pieno giorno, per strada. Il 77,3 per cento degli uomini intervistati ha confessato di aver infastidito una donna, mentre solo il 17,7 per cento è intervenuto per difendere una vittima. E - dato più sconcertante - per l’85 per cento degli uomini la colpa sarebbe delle donne poiché vestono o si muovono in modo giudicato provocante.
"Le autorità egiziane hanno sistematicamente fallito nell'assolvere i loro obblighi legali internazionali di prevenire, investigare adeguatamente e punire la violenza contro le donne e le ragazze" sostiene Amnesty International in un rapporto pubblicato il 21 gennaio, dal titolo Circoli infernali: violenza domestica, pubblica e di Stato contro le donne in Egitto."Le autorità hanno enormemente fallito anche nel fornire alle sopravvissute di queste violenze una riparazione alla ferita subìta, oltre a una riabilitazione fisica e psicologica".


La diffusione degli abusi sessuali in Egitto è emersa durante le manifestazioni di piazza Tahrir, cominciate il 25 gennaio del 2011. A dicembre di quell'anno, l'immagine di una ragazza picchiata e spogliata dai poliziotti fece il giro del mondo: fu chiamata "la ragazza dal reggiseno blu", e sui muri del Cairo spuntarono graffiti che facevano del reggiseno blu un simbolo di riscatto per le donne.


Graffiti al Cairo con il reggiseno blu e la scritta "la", no. Di Bahia Shebab
Soltanto dallo scorso giugno l'Egitto ha una legge che introduce la molestia nel Codice penale, riconoscendola come reato anche nelle forme verbali e private, con condanne da 6 mesi a 5 anni di carcere e multe fino a 50.000 sterline egiziane (circa seimila euro). “Ma il problema non è ancora trattato come un’emergenza” osserva la giornalista di Al-Monitor Ayah Aman “e non è previsto alcun meccanismo di protezione per le donne. Le istituzioni egiziane insistono di aver preso provvedimenti, come la creazione di un dipartimento di polizia dedicato a combattere il fenomeno. Eppure tante donne continuano a lamentare il pessimo trattamento ricevuto nelle stazioni di polizia quando presentano denuncia”.
Un report dell’associazione I Saw Harassment si spinge oltre, sottolineando il coinvolgimento di alcuni ufficiali di polizia e amministratori pubblici in aggressioni e stupri, come la violenza subìta il 21 dicembre da una studentessa universitaria al Cairo proprio dentro un’auto della polizia. Secondo le rilevazioni di I Saw Harassment, nell’ultimo trimestre del 2014 sarebbero stati almeno 1.191 i casi di violenza avvenuti nel Paese.

"Il nuovo presidente Abdel Fattah al-Sisi, noto per aver difeso i test forzati di verginità sulle donne quando era a capo dell'intelligence militare, ha ora fatto del contrasto alla violenza di genere nella sfera pubblica una delle sue priorità dichiarate" ricorda Amnesty International. "Tuttavia, la risposta delle autorità continua a essere frammentaria, con le varie istituzioni che non riescono a coordinarsi". La speranza è che, in occasione delle elezioni legislative previste in marzo, i diritti delle donne guadagnino più terreno nell'agenda politica. 


Prima che, lo scorso autunno, diventasse virale sul web il video di una giovane che cammina per New York totalizzando 108 molestie in 10 ore, era stata la regista teatrale e filmmaker egiziana Sondos Shabayek a realizzare l’idea. Nel suo cortometraggio El Bent (“Ragazza”), la protagonista inizia sorridente la sua passeggiata per le vie del Cairo ma, dopo aver incassato dai passanti una volgarità dopo l’altra, il suo sguardo si fa cupo e infine disperato verso un ambiente ostile. “Ho tentato di far capire cosa significhi essere donna e camminare per le vie del Cairo” spiega l’autrice. “Ogni ripresa e ogni parola non è altro che ciò che ci accade ogni giorno in città”.
Su Twitter gli egiziani discutono anche delle cause di un fenomeno che pare troppo difficile da estirpare. Molti puntano l’indice contro la popolarità di film definiti osceni: non pellicole hollywoodiane, bensì produzioni locali d’impronta sessista che esaltano i comportamenti maschili aggressivi. C’è poi chi imputa la violenza contro le donne alla mancata osservanza dei principi dell’Islam e chi, al contrario, continua imperterrito a criticare un certo abbigliamento femminile giudicato sconveniente. “La nostra cultura non rispetta le donne né il loro corpo” ha dichiarato alla Bbc lo psicologo Kholoud Saber, che assiste le vittime di violenza.


Intanto, l’8 dicembre al Cairo, una ragazza di 19 anni si è gettata nelle acque del Nilo dal ponte Qasr al-Nil per sfuggire a un uomo che la pedinava, minacciando di sfregiarla con dell’acido nitrico. E’ annegata. Nessun passante è intervenuto per salvarla. Ed è ancora vivo nella memoria delle egiziane un video apparso in estate su Youtube, che mostrava una giovane spogliata per strada, brutalmente aggredita e ricoperta di sangue, probabilmente girato in piazza Tahrir. Un luogo che ormai, tradita la “primavera” egiziana del 2011, è diventato il triste simbolo della violenza contro le donne nel Paese.

da Io donna, 20 gennaio 2015

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